San Felice

Iuxta muros sorgeva questa chiesa, Cattedrale dal 913 al 1000, quando il Capitolo si trasferì a Santa Maria (Lupis). Un incendio, il 15 gennaio 1691 nla devastò distruggendo l'archivio della parrocchia. Si salvò da tale incendio il quadro del santo eponimo a cui la chiesa era dedicata e che ora si trova sulla parete a sinistra, nel presbiterio della Chiesa di San Domenico. Si tratta del più antico dipinto del patrimonio artistico di Giovinazzo. Il San Felice Vescovo in Cattedra di Lorenzo Lotto (1541 – 1542) faceva parte di un trittico. Ai lati erano rappresentati Sant'Antonio di Padova e San Nicolò da Tolentino. Venne a costare il tutto 30 ducati pagati al mercante di Barletta "messer Aluise Catalan" che lo consegnò ai giovinazzesi il 1542. In sagrestia, sempre nella Parrocchia San Domenico, proveniente dalla Chiesa di San Felice, c'è il Trionfo del Rosario di G. De Musso. Un duplicato di questo dipinto si trova nella chiesina domenicana in via Cavour, a Napoli (B. Andriani). Un tempo c'era anche l'organo, ormai distrutto, pissidi, paramenti vari e il battistero, tutti provenienti dalla chiesa – parrocchia di San Felice.

Sorse questa sui resti del tempio pagano dedicato a Venere. Aveva un coretto e diverse cappelle: quella della SS. Trinità il cui altare fu dichiarato, il 1707, privilegiato, poi la cappella della Madonna della Neve, la cui pala trovasi nella suddetta sagrestia di San Domenico, di San Gerolamo e altre. Sotto il primo altare c'era il sepolcreto per i parroci e i cappellani, poi un sepolcro per bambini, uno per i confratelli e le consorelle della SS. Trinità. Insomma il sommerso era un grande cimitero. Le ossa furono traslate altrove su carri quando il Vescovo Pasquale Picone, di Molfetta, trasferì la proprietà al Comune (1911) per permettere la costruzione del mercato coperto. Il sindaco Giuseppe Palombella fece una relazione circostanziata mentre i traini carichi di resti mortali si avviavano per deporli non si sa dove. Nata su tempio pagano, questa chiesa è finita fra comportamenti e sentimenti non cristiani. Attigua alla chiesa c'è la canonica composta da una cameretta e un cucinino, c'era un piccolo atrio a pozzo per uso della chiesa stessa. È andato distrutto il campanile a due fornici che recava in cima due campane una delle quali, del peso di 137 rotola, fu benedetta dal Vescovo Chiurlia (marzo 1710). Di questa chiesa sopravvivono l'Arciconfraternita del SS. Rosario e quella della SS. Trinità, erette rispettivamente il 1571 e il 1609. Anticamente accanto alla chiesa c'erano un Monte di Pietà e due Xenodochi, case di accoglienza per pellegrini forestieri. Da ciò appare evidente il senso di accoglienza e di misericordia dei nostri avi.



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