Oscure e remote sono le origini di Giovinazzo. Essa sarebbe stata fondata dai Netini sfuggiti alla distruzione delle loro città, l'antica NETIUM, ai tempi delle guerre puniche (264-146 a.C.), in epoca romana. Secondo Plinio il Vecchio, Netium era situata tra Bitonto e Ruvo, secondo lo storico greco Strabone, invece, tra Canosa e Ceglie. La nuova città fondata sulla costa prese il nome di JUVE-NETIUM o NEO-NETIUM, onde GIOVINAZZO. Federico II, imperatore di Germania e Re di Sicilia, profondamente innamorato della nostra terra, così cantò:

IOVIS DIVINA NATIO
SED PLUTONIS ABITATIO

Cosi la divina gente di Giove, al fonte battesimale di Federico II, poeta letterato attento alla cultura latina e siciliana, aperto a quella araba e normanna, si ritrova DIABOLICA, in dolce tresca con PLUTONE, divinità infernale.
In questa identificazione onomastica conterebbe la leggenda di Danae e Perseo, figlio di Giove, presa in considerazione dal nostro poeta e cronista Bisanzio Lupis nelle sue CRONACHE di Giovinazzo.
L'insediamento protostorico di Giovinazzo è stato identificato e confermato durante gli ultimi lavori di consolidamento e di restauro della Cattedrale, di sistemazione della Piazza Meschino e di San Salvatore (anni '80).
Giovinazzo, esisteva sin dal II millennio a.C. Risalgono a questo periodo, infatti, i più antichi reperti (dolmen, vasi fittili lavorati al tornio, lucerne, utensili vari) provenienti dai sepolcreti ubicati non lontani dalle vecchie mura mura e nell' ambito dell'antico centro.
Tra il sesto e il quarto secolo a.C. Giovinazzo, come tutto il meridione o terra dei vitelli (Vitalia), del vino (Enotria), del sole che tramonta (Esperia) si trovava a dividere il suo spazio con gli immigrati greci, che, stretti tra monti e mare spinti dal bisogno e dallo spirito di avventura, avevano lasciato la Madrepatria in cerca di lavoro e di benessere anche qua da noi.
La convivenza determinava scambi di idee, di esperienza e, poiché essi provenivano da una terra che per cultura e istituzioni civili e politiche aveva raggiunto livelli di eccellenza, avevano da dare molto.
Con i coloni arrivavano tecnici, matematici che contribuivano a migliorare i nostri sistemi di coltivazione della terra, di irrigazione, introducendo la noria, che si vedeva fino a qualche decennio fa per la nostra campagna, presso i pozzi di acqua piovana.
È la noria una grande ruota di vari metri di diametro azionata da un animale da tiro legato ad una stanga. Sul bordo la ruota reca dei secchi che, arrivati al culmine pieni di acqua, si capovolgono versando il contenuto nel bacino di irrigazione sottostante.
I greci nel lasciare la Madrepatria si portavano con sé i Sacri Penati e il Fuoco che dovevano tenere perennemente vivo. Tra l'altro costruivano templi, ipogei, teatri. Con il Fuoco Sacro introducevano usi, tradizioni, insomma la loro cultura, che influenzò la vita dei paesi del bacino Mediterraneo.
Oltre agli usi, ai costumi introdussero la tecnica propria dell' architettura megalitica, la lingua alfabetizzata e tanta parte del loro pensiero filosofico. Quanto ai templi, anche a Giovinazzo, al di là de gli esemplari di Paestum, di Agrigento, di Siracusa, c'erano templi pagani, come quello preesistente alla Cattedrale, quello preesistente alla Chiesa di S. Felice Iuxsta Muros, un'altro presso la Chiesa della Madonna della Misericordia in via Bitonto e altri. Tutt'ora l'eredità della civiltà greca ce la ritroviamo ovunque.
Con la denominazione di NATIOLUM, Giovinazzo risulta nella rete stradale dell'antica Roma, precisamente sul tratto di strada che univa Benevento a Brindisi, conosciuto col nome di via TRAIANA. Il suo nome, infatti, si legge sulla Guida a colori compresa in ITINERARIA PICTA redatti, per esigenze militari e di viabilità dal cartografo Castorius, a metà del secolo IV dell'era volgare, sotto l'imperatore Settimio Severo. A questa guida, nota come TAVOLA PEUTINGERIANA, e legato indebitamente il nome di Corrado Peutinger presso la cui biblioteca, ad AUGUSTA (Germania) fu trovato l'importante documento.
Ai tempi dell'Impero Romano, quindi, Giovinazzo doveva avere una sua importanza economica e strategica per captare l'attenzione dell'imperatore Nerva Traiano (98- 117 a.C.) cui va, tra l'altro, il merito di aver ripristinato, aere suo, la detta via TRAIANA e di aver fatto rinforzare le mura cittadine preesistenti (113 d.C.). Ne fanno fede le quattro pietre miliari, poste a mo' di colonne, sotto l'archivolto tra piazza Umberto e piazza Costantinopoli, là dov'era la più antica porta di accesso al vecchio nucleo cittadino. Di dubbia provenienza, esse stanno a testimoniare il senso di orgoglio della nostra gente per l'appartenenza al mondo romano e di riconoscenza all'Imperatore benemerito.
Prevale la tesi della provenienza dalla citata via Traiana, onde il nome di Arco Traiano. Giovinazzo anticamente era sede vescovile. Un'antica lastra di pietra attesta la prima cresima amministrata dal Vescovo preposto nel sec. IV.
Mai questa città è stata assente dalla scena politica, economica e religiosa, sia regionale che nazionale. Durante le lotte tra bizantini e longobardi Giovinazzo conosce brevi periodi di autonomia.