S. Maria di Costantinopoli

Rifatta su quella di S. Rocco (1529), ov'era un tempo ancor più lontano, il Sedile dei Nobili. Il 1505 il popolo, mentre infieriva la peste, una di quelle ricorrenti per la compresenza dei vivi e dei morti nello stesso ambito e per l'incuria igienica, prometteva a S. Rocco, protettore degli appestati, una chiesa senza poi effettuarla. Quando la peste si riaffacciò (1528), S. Rocco ebbe la sua chiesa. Tale chiesa venne consacrata il 1578 per volontà del Vescovo Giovanni Antonio Viperano che istituì l'omonima confraternita. Sullo spigolo della fabbrica della chiesa, alla sinistra di chi stia frontalmente, si vede lo stemma di S. Tommaso, protettore di Giovinazzo.



Esso sta ad indicare l'appartenenza al Comune. La chiesetta, a pianta rettangolare, è in pietra calcarea, come tutti gli altri edifici. La facciata della chiesa si conclude con un fregio che riporta questa dicitura: Ad honorem Divae Mariae de Costantinopoli A.D. 1657. Il portale cinquecentesco è sormontato da un timpano circolare in cui è inquadrata l'immagine scultorea a tutto tondo della Vergine con il Bambino sulle ginocchia (influsso della scuola rinascimentale dalmata). Sull'asse della lunetta si vede l'immagine del Cristo Benedicente e, più in alto, in corrispondenza di questa, una finestra circolare con una cornice riccamente intagliata. Il campanile è a bulbo, sormontato da una croce con giralda (galletto segnala - vento). Lateralmente la chiesa presenta un ingresso secondario con due finestre oculari. Sul retro della chiesa si vede in bassorilievo l'immagine con una Madonna e il Bambino.
Una credenza popolare vede nell'aureola rosata che rompe l'uniformità del colore di fondo della facciata, tracce del sangue schizzato dal capo troncato di un avversario degli spinelli, capo lanciato poi contro il muro della chiesa. Così finivano spesso le risse tra i seguaci delle varie fazioni cittadine. Sulla destra di questa facciata c'è la statua di S.Cristofaro (1763) di A. Altieri, scultore locale. Ad ordinarla fu Leonardo Rodogni, danaroso devoto mercante.

Interno: Unico ambiente a pianta rettangolare con piccola sagrestia laterale. L'altare centrale settecentesco è dedicato alla Madonna Odegitria (del buon cammino). La base di pietra è molto antica rispetto alla parte di legno, intagliato e dorato. Due colonne tortili ne sostengono la trabeazione. La Vergine è rappresentata con Bambino tra uno stuolo di Angeli (prima metà del '600). La raggiera della cimassa conclude vistosamente l'insieme. Il culto per questa Madonna ricorda i rapporti di Giovinazzo con Costantinopoli, dove molte famiglie riparavano, scacciate da epidemie o da attacchi nemici. La Vergine Odegitria di S. Luca evangelista si venera anche a Bari. I festeggiamenti vanno dal primo all'otto marzo di ogni anno. Il dipinto è gelosamente custodito nella Cripta della Cattedrale. Esso fu portato da Costantinopoli a Bari nel V secolo dai marinai di questa città contro la volontà dell'imperatrice Pulcheria che l'aveva sottratto alla furia iconoclastica di Teodosio per metterlo al sicuro a Roma. Nel fare scalo a Bari, i marinai baresi che facevano parte dell'equipaggio della nave su cui era stato imbarcato, poiché infuriava la peste, lo lasciarono ai loro cittadini. La tradizione narra che la peste cessò immediatamente.

Altari laterali: Sulla destra della navata c'è l'altare dedicato ai SS. Medici Cosma e Damiano con le statue di cartapesta del famoso Manzo di Lecce (inizio '900). Sulla sinistra il primo altare, dedicato a S. Antonio Abate, reca un dipinto (sec.XVIII) proveniente dall'omonima chiesa ora distrutta. Il Santo con bastone e campanello è rappresentato a sinistra. Il maialino ai suoi piedi sta a ricordare che il Santo taumaturgo protegge gli animali oltre agli ammalati di herpes zoster. Al centro è S. Donato con paramenti da vescovo. Questo Santo, protettore degli epilettici, è rappresentato con la luna in quanto l'epilessia era nota anticamente come mal di luna, di qui la consuetudine di dare ai neonati come primo nome quello di donato a salvaguardia del terribile male, oggi ritenuto curabile nella maggior parte dei casi. Sulla destra è rappresentato S. Leonardo, protettore dei carcerati o ristretti, forse per la vicinanza del Carcere Ducale. Più oltre c'è il dipinto della Natività (sec. XVIII) di Giuseppe de Musso. La firma dell'autore si legge in basso a destra. La Vergine col Santo Bambino occupa il centro, alla destra S. Giuseppe, a sinistra dei pastori e in secondo piano uno stuolo di Angeli. Uno di essi mostra il cartiglio con la scritta "Gloria in excelsis Deo".
Il secondo altare con il dipinto di Carlo Rosa (sec. XVII) che rappresenta l'Arcangelo S. Michele, con lo scudo e la lancia in atto di uccidere il leggendario drago. Sul bordo dello scudo è impressa la firma dell'autore: Carolus Rosa e lo stemma comunale che si vede in alto a destra sta a rivendicare l'appartenenza del dipinto al Comune. Il soffitto di legno è impreziosito dal dipinto che rappresenta la Incoronazione della Vergine tra un folto numero di Angeli e la Santa Trinità. Il dipinto si attribuiva a C. Rosa, ma di certo è un de Musso l'autore se non altro per la tecnica e i colori. Danneggiato dall'incendio del 1964, è stato restaurato, a spese del Comune, da Diego Iudice di Conversano. In questa chiesa si custodiscono la statua lignea del Cristo Orante (sec. XVI) proveniente dalla chiesa di S. Felice e quella di S. Rocco.



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