Spirito Santo
Parallelamente alla facciata del Palazzo Gramegna si stende la lunga fiancata della Chiesa dello Spirito Santo. Sorta questa chiesa il 1396 per volere di Mons. Pavone Griffi, legato di Papa Bonifacio IX (Pietro Tomacelli 1389, 1404) presso Ladislao di Ungheria. Questi di origine Napoletane o greche fu vescovo di Polignano e di Tropea. Si ritirò a Giovinazzo il 1386 e si adoperò per l'erezione della chiesa. La stessa fu consacrata il 1397. Sorta sull'area delle case dei Colletta, anch'esse distrutte nella vendetta degli Spinelli, ha la facciata sulla breve piazzetta in cui sbocca il primo tratto della via dedicata a Pavone Griffi, subito dopo l'archivolto che la sovrasta. Sulla parete di questo edificio, a destra del visitatore si vede lo stemma dei Griffi che rappresenta un leone con un grifone alato. Sopraelevata di circa un metro rispetto alla quota stradale, ha il sagrato limitato dalla casa costruita sul predetto archivolto.
La chiesa è singolare per le tre cupole e per il sistema di copertura completamente di pietra. Un tale sistema si riscontra nella Chiesa Vecchia di Molfetta e in quella di S. Francesco di Trani. Alle calotte interne ed ai tamburi corrispondono all'esterno piramidi e prismi. Le piramidi sono realizzate con il sistema solito, proprio di questi posti, a chiancarelle (lastre di pietra calcarea sovrapposte e leggermente digradanti), mentre i tamburi sono a conci sbozzati.
La facciata è fatta di blocchi squadrati e martellinati. Anche il portale è squadrato, contenuto in una cornice ad arco a sua volta sormontata da una specie di timpano. Al di sopra di questo c'è una mono fora in mezzo a due finestre oculari. Piccole arcate acute formano la cornice che corona la facciata. Lateralmente alla destra di chi guarda, si leva l'elegante campanile a vela. Una delle due campane proviene dalla chiesa di S. Felice che non è più e risale al 1624. Lo stemma di Bonifacio IX sulla sinistra del prospetto, allineato con le finestre oculari, sta a significare la gratitudine del prelato Pavone Griffi verso il suo benefattore, oltre che la data di consacrazione della chiesa stessa (1397). L'edificio si svolge su due quote diverse e non ha conservato la forma originaria. Approssimativamente la pianta avrebbe la forma di un rettangolo allungato con due cappelle laterali sulla destra.
All'interno il presbiterio rialzato e il coro, assai profondo, risultano parti aggiunte successivamente. Questo è stato più volte rimaneggiato. L'ultimo intervento, diretto dall'arch. A. Milillo, assistito dall'ing. G. Volpicella, ha introdotto materiale pregiato, marmo di Carrara, voluto dagli sponsors Jannelli - Caravella che miravano più all'effetto che alla convenienza. Infatti l'occhio del visitatore è subito attratto dall'altare centrale con il gruppo statuario di cartapesta (Manzo- 900), che rappresenta la Vergine del Rosario tra S. Caterina e S. Domenico più in basso.
Sulla sinistra si ammira una pala d'altare con l'immagine della Madonna di Costantinopoli, restaurata il 1963 da R.Lorenzoni. L'altare non esiste più. La pala pare sia stata dipinta a Venezia e portata in Puglia contemporaneamente al trittico con l'immagine della Madonna della Consultazione, venerata nella Basilica di S. Nicola a Bari. In entrambe le opere si riscontrano caratteristiche comuni. La tecnica è quella della iconografia bizantina. Il tuorlo dell'uovo entra a far parte della mistura basale che dà una luce e un effetto coloristico proprio delle icone bizantine. Sulla sinistra del dipinto una lastra tombale (1707) sta a ricordare il sindaco Nicola Gramegna. A destra del dipinto vi è l'altare fatto erigere dai Sagarriga, la cui pala, dei fratelli de Musso (XVIII sec.) rappresenta la Divina Provvidenza e S. Gaetano da Thiene. Sulla parete a destra poi, c'è l'altare più antico datato (1492), voluto da Angelo Riccio. Il dipinto, opera dei fratelli de Musso, rappresenta S. Giuseppe col Bambino in braccio, S. Caterina d'Alessandria con la ruota, che sta a ricordare il suo martirio, e S. Lucia, che reca i suoi occhi in una bacinella. Il secondo quadro a destra (fratelli de Musso) rappresenta i patroni minori di Giovinazzo: S. Nicola di Bari, S. Girolamo, dottore della Chiesa, S. Filippo Neri, S. Andrea, che muore mentre celebra la messa. Una lunetta con pittura che raffigura Gesù Salvatore e altri Santi sovrasta tale quadro. Sotto questo altare c'è l'ex - sepolcreto per infanti. Degno di rilievo è l'affresco di S. Lucia (sec. XV) sul primo pilastro a destra. Sul pavimento si nota lo stemma dei de Risis e le lastre di un Angelo e di un Andrea di questa famiglia. Questa chiesa ospita la Confraternita della Vergine del Rosario, eretta il 1571, la Confraternita della SS. Trinità, fondata il 1609 e il Terzo Ordine Domenicano, sodalizi laico - religiosi.
Questa chiesa era un secondo vescovato. Come chiesa collegiata godeva di privilegi non comuni, infatti il Capitolo era autonomo, fuori dalla giurisdizione del Vescovo, ed aveva untale prestigio da destare la rivalità del Capitolo della Cattedrale. Spesso si arriva alle esagerazioni, come quando nel marzo 1756 un fantoccio con mitra e abito da Pulcinella faceva mostra di sé in piazza alludente al Vescovo Mons. Orlando. Questi sporse querela al sacerdote Prospero Saraceno, ritenuto responsabile, ma la corte di Trani lo assolse per insufficienza di prove (S. Daconto). Come la società civile anche la vita della Collegiata era dilaniata da lotte interne, specie per la successione alla Prepositura. Però l'immagine rimaneva salda. La magnificenza e lo sfarzo delle celebrazioni liturgiche e paraliturgiche metteva in ombra quelle della Cattedrale. Poi la bolla di Pio VII del 1818, abolendo le precedenti, riconduceva la Collegiata sotto la giurisdizione del Vescovo e poi l'editto di Napoli emesso il 1860 da Garibaldi dopo l'accordo del regno di Napoli con il Vaticano spogliava tutte le chiese dei loro beni.
Il prevosto don Enrico Capurso, ultimo rappresentante del Capitolo di questa chiesa, invano si adoperò per ricuperare il maltolto, appellandosi al ius patronatum.
|
|