Vittorio Emanuele II

Piazza Vittorio Emanuele II, già piazza del Municipio, è il salotto buono della città. A forma di trapezio a profilo arrotondato, si stende ampia e invitante allo sguardo del visitatore. Punto di ritrovo costante per i cittadini residenti e temporaneo per i residenti all'estero, durante le loro vacanze, passeggio serale preferito da adulti e adolescenti, nonché dai bambini che possono scorazzare senza correre pericolo. Per i fruitori di questo spazio, da quando si è creato il conflitto generazionale nella società del consumo, la piazza offre un passeggio differenziato, sparito su due distinte corsie: i matusa sostengono l'andirivieni nella metà all'ombra dei sontuosi palazzi ottocenteschi, i giovani nella metà più aperta all'aria umida dell'amico vento sciroccale. Per gratificare la memoria si fa notare che la porzione di piazza attualmente riservata ai matusa, qualche decennio fa era esclusivamente frequentata dagli studenti. Al Palazzo del Marchese di Rende, di cui si dice che salisse a cavallo le ampie gradinate che portavano ai suoi appartamenti, e agli altri palazzi di DeCeglie, Croce, Cirilli, Daconto e il grande edificio a est, costruito per ospitare le Figlie della Congregazione della Carità, nessuna alza gli occhi a conforto della memoria.
Eppure sommo decoro danno questi palazzi ottocenteschi a nord e a est della piazza, mentre lungo la statale 16 si ergono, sopraelevati, rispetto alla quota stradale, la parrocchia S. Domenico e l'annesso Istituto Vittorio Emanuele II, complesso voluto (1700) dal primicerio Don Giuseppe Buonhomo. L'istituto, ex monastero domenicano (1704), con l'annessa chiesa in stile barocco progettata il 1716 da padre Antonio Cantalupi, si impongono all'attenzione del passante per l'armonia e la continuità delle forme. La facciata della Chiesa, alta e slanciata, però, ha la sua conclusione nel 1886, per cui presenta le caratteristiche dello stile neoclassico. Il convento già Regio Ospizio della Terra di Bari e di Otranto sotto i Borboni, viene chiuso dalle disposizioni anticlericali di Giuseppe Bonaparte. La Chiesa diventa parrocchia con ordinanza del 1813 di Gioacchino Murat, succeduto al cognato Bonaparte nel regno di Napoli. Al suo ritorno da Bari, dove si è recato per posare la prima pietra dell'erigendo quartiere Murattiano (1813), le autorità di Giovinazzo lo accompagnano presso l'Istituto ormai fatiscente per il non uso e ottengono la sua reviviscenza e la istituzione della parrocchia S. Domenico.
Si ritiene questa chiesa la figlia della chiesa di S. Domenico, in Perugia, di Carlo Maderno (secolo XVII).
Convengono a raggiera in questa piazza le principali strade cittadine, la cui pendenza favoriva un tempo l'afflusso delle acque piovane nella grande cisterna pubblica (la Pescara), oggi coperta dalla pavimentazione di lastre (chianche) di pietra calcarea locale. L'uso di tale cisterna, che merita una trattazione a parte, viene nientificato dall'auspicato servizio dell'Acquedotto Pugliese (1914).
Salotto buono dunque rimane Piazza Vittorio Emanuele per la sua funzione sociale e per i pregevoli edifici che la racchiudono.

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